sabato 28 luglio 2012

REFERENDUM TERNI: UMBRIA A RISCHIO DISINTEGRAZIONE IN SOLI 70 GIORNI. ALLEANZA CON VITERBO E RIETI, NO A TERRITORI MARGINALI




Hic Rhodus, hic salta! Se conoscessero un po’ di latino, capirebbero che, grazie al monstrum giuridico-amministrativo prodotto a Roma, ora bisogna tirar fuori veramente gli attributi. Ma quali attributi? E con quali conseguenze?
Da PD e PDL la peggiore riforma della riforma che si potesse pensare: non occorre essere Cassandra per capire che si tratta di un decreto in grado di disintegrare l’Umbria nel giro di 70 giorni, quelli necessari al cosiddetto riordino che, imposto per legge, scatenerebbe l’ostilità di intere popolazioni site nel perugino contro il tentativo di “deportarle” sotto la provincia di Terni, generando una vera e propria balcanizzazione dell’Umbria.
Così, se per quasi 70 anni, le classi dirigenti locali hanno dormito, consentendo che Terni subisse di tutto a partire da un confine provinciale –a Strettura- a soli cinque chilometri dalla città, ora in 70 giorni ci si vorrebbe muovere come elefanti nella cristalleria di una consolidata identità culturale regionale. L’assessore Gianluca Rossi già prevede non a caso “grosse difficoltà” e mette le mani avanti mentre si registrano sovrumani silenzi da parte del presidente della Regione, nonché da parte del capo della Provincia di Perugia. Costoro, se si esprimono, parlano il politichese spinto, senza una parola chiara sull’eventuale cessione di sovranità del territorio perugino.
I ternani hanno capito che l’Umbria non ha futuro: lo spread tra i territori è ormai troppo grande per essere colmato e, soprattutto, governato con audaci giochi di prestigio che, comunque, non colmerebbero i limiti di un’economia e di una prospettiva asfittica.
L’improbabile riordino non sarebbe poi nemmeno “a gratis”: Terni, per sopravvivere in un’Umbria sempre più ingestibile, dovrebbe cedere ulteriori beni e servizi, entrando in una trattativa mercantilistica al ribasso per l’ingresso di aree regionali comunque marginali (Foligno, Trevi e altri centri economici importanti resterebbero a Perugia). Aree non utili a generare flussi finanziari ed economici di un qualche interesse. E che riequilibrio sarebbe, allora? Il tutto accadrebbe in una Regione da decenni sorda alla necessità di rapidi ed economici collegamenti merci col Lazio, così essenziali per le Acciaierie, e però ben attenta a concentrare oltre due miliardi di euro per quelli con le Marche, sempre a diretto vantaggio di… indovinate un po’? Perugia e Foligno.
Arrivederci Umbria: vogliamo Terni come seconda città del Lazio nel quadro di un’alleanza strategica ed equa con Viterbo e Rieti, rifuggendo dall’imminente balcanizzazione di una regione sempre più piccola nel contesto globale. La raccolta firme prosegue: dove stare lo decideranno i cittadini, non le alchimie politiche

Il Comitato promotore del referendum
Andrea Liberati

Terni, 28 luglio 2012

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