Hic Rhodus, hic salta! Se conoscessero un po’ di latino, capirebbero che,
grazie al monstrum giuridico-amministrativo
prodotto a Roma, ora bisogna tirar fuori veramente gli attributi. Ma quali
attributi? E con quali conseguenze?
Da
PD e PDL la peggiore riforma della riforma che si potesse pensare: non occorre
essere Cassandra per capire che si tratta di un decreto in grado di disintegrare l’Umbria nel giro di 70 giorni,
quelli necessari al cosiddetto riordino
che, imposto per legge, scatenerebbe l’ostilità di intere popolazioni site nel
perugino contro il tentativo di “deportarle” sotto la provincia di Terni,
generando una vera e propria balcanizzazione
dell’Umbria.
Così,
se per quasi 70 anni, le classi dirigenti locali hanno dormito, consentendo che
Terni subisse di tutto a partire da un confine provinciale –a Strettura- a soli
cinque chilometri dalla città, ora in 70 giorni ci si vorrebbe muovere come
elefanti nella cristalleria di una consolidata identità culturale regionale. L’assessore
Gianluca Rossi già prevede non a caso “grosse difficoltà” e mette le mani
avanti mentre si registrano sovrumani silenzi da parte del presidente della Regione,
nonché da parte del capo della Provincia di Perugia. Costoro, se si esprimono,
parlano il politichese spinto, senza una parola chiara sull’eventuale cessione
di sovranità del territorio perugino.
I ternani hanno capito che l’Umbria non
ha futuro: lo spread tra i territori è ormai troppo grande per essere colmato e,
soprattutto, governato con audaci giochi di prestigio che, comunque, non colmerebbero i limiti di
un’economia e di una prospettiva asfittica.
L’improbabile riordino non sarebbe poi nemmeno
“a gratis”: Terni, per sopravvivere in un’Umbria sempre più ingestibile, dovrebbe
cedere ulteriori beni e servizi, entrando in una trattativa mercantilistica al ribasso per l’ingresso di
aree regionali comunque marginali (Foligno, Trevi e altri centri economici
importanti resterebbero a Perugia).
Aree non utili a generare flussi finanziari ed economici di un qualche
interesse. E che riequilibrio sarebbe, allora? Il tutto accadrebbe in una
Regione da decenni sorda alla necessità di rapidi ed economici collegamenti
merci col Lazio, così essenziali per le Acciaierie, e però ben attenta a
concentrare oltre due miliardi di euro per quelli con le Marche, sempre a diretto
vantaggio di… indovinate un po’? Perugia e Foligno.
Arrivederci
Umbria: vogliamo Terni come seconda città del Lazio nel quadro di un’alleanza strategica ed equa con Viterbo
e Rieti, rifuggendo dall’imminente balcanizzazione di una regione sempre
più piccola nel contesto globale. La raccolta firme prosegue: dove stare lo decideranno i cittadini, non
le alchimie politiche
Il Comitato promotore del referendum
Andrea Liberati
Terni,
28 luglio 2012