sabato 4 agosto 2012

[REFERENDUM TERNI] RAGGIUNTA QUOTA 1.700 ADESIONI. NEL 1992 LA FONDAZIONE AGNELLI GIA' VEDEVA TERNI NEL LAZIO E PERUGIA IN TOSCANA



Mentre il cosiddetto riordino si fa sempre più complicato, il referendum raggiunge quota 1.700 firme. Il quorum delle 2.500 necessarie per attivare la procedura non è più un miraggio.
E se per qualcuno sembrerebbe un’eresia parlare di Terni nel Lazio, noi diciamo che non è nulla di nuovo: nel noto e insuperato studio sulle macroregioni della Fondazione Agnelli –anno 1992- Terni era inclusa nell’asse Rieti-Viterbo verso Roma alla luce non solo delle “prospettive dell’economia reale”, ma anche delle “tendenze di gravitazione di un territorio sull’altro in relazione al reticolo urbano e al sistema delle infrastrutture di comunicazione”. In quella stessa analisi, Perugia confluiva nella Toscana, con un’Umbria che, a ogni esame, era riordinata altrove, venendo meno come entità politico-amministrativa, essendo la Regione -già allora, si pensi al contesto globale odierno!- priva di adeguate dimensioni e di congrue risorse economico-finanziarie.
Nonostante questi limiti evidenti, la macchina pubblica regionale negli anni è stata ingolfata di personale, talvolta con modalità tali da rievocare le più raffinate tecniche borboniche: senza nemmeno citare l’onerosità del Consiglio Regionale, il rapporto Bankitalia 2011 rileva come i costi dei soli dipendenti dell’Ente Regione siano pari al 110% in più rispetto alla media nazionale, fissata in 41,9 euro. E con riferimento al benchmark delle sole regioni del Centro Italia -44,2 euro- si tratta di una somma pari a quasi il 100% in più.
Cosa guadagna Terni da tutto questo? Terni ha dato, senza neanche ricevere in cambio un piano strategico di infrastrutturazione –come quello tra Umbria e Marche:
1) far risparmiare 70 km di costi di trasporto merci per le Acciaierie: occorreva già spingere tempo fa per la rapida riattivazione della Orte-Civitavecchia. Siamo ancora ad attendere la progettazione Italferr, mentre RFI sostiene addirittura che l’opera sia inutile: che fa la Regione Umbria?
2) ridurre a soli 60 km la distanza tra Terni e Roma tramite una diramazione stradale della A1 diretta via Passo Corese al fine di estendere gli scambi di persone e imprese da e con la Capitale.
Sarebbe giovato all’Umbria intera: invece non si è voluto far crescere Terni, ma rafforzare le iniquità, consolidando la centralità di Perugia-Foligno. Inaccettabile.
Siamo dunque a un bivio: Terni potrà stringere nuove e decisive alleanze restando se stessa, conservando la sua storia e persino la sua appartenenza. Certo: per cambiare occorrerà spiriti coraggiosi e visionari. Ma restare immobili, limitandosi a giochi da mercante in fiera con Foligno e Spoleto, sarà soltanto temerario

Il Comitato promotore per il referendum
Andrea Liberati

Terni, 4 agosto 2012

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