Mentre
il cosiddetto riordino si fa sempre più complicato, il referendum raggiunge quota 1.700 firme. Il quorum
delle 2.500 necessarie per attivare la procedura non è più un miraggio.
E
se per qualcuno sembrerebbe un’eresia parlare di Terni nel Lazio, noi diciamo
che non è nulla di nuovo: nel noto e
insuperato studio sulle macroregioni della Fondazione Agnelli –anno 1992- Terni
era inclusa nell’asse Rieti-Viterbo verso Roma alla luce non solo delle “prospettive dell’economia reale”, ma
anche delle “tendenze di gravitazione di
un territorio sull’altro in relazione al reticolo urbano e al sistema delle
infrastrutture di comunicazione”. In quella stessa analisi, Perugia confluiva
nella Toscana, con un’Umbria che, a ogni esame, era riordinata altrove, venendo meno come entità
politico-amministrativa, essendo la
Regione -già allora, si pensi al contesto globale odierno!-
priva di adeguate dimensioni e di congrue risorse economico-finanziarie.
Nonostante
questi limiti evidenti, la macchina
pubblica regionale negli anni è stata ingolfata di personale, talvolta con modalità
tali da rievocare le più raffinate tecniche borboniche: senza nemmeno citare
l’onerosità del Consiglio Regionale, il rapporto Bankitalia 2011 rileva come i
costi dei soli dipendenti dell’Ente Regione siano pari al 110% in più rispetto
alla media nazionale, fissata in 41,9 euro. E con riferimento al benchmark
delle sole regioni del Centro Italia -44,2 euro- si tratta di una somma pari a quasi
il 100% in più.
Cosa
guadagna Terni da tutto questo? Terni ha dato, senza neanche ricevere in cambio un piano
strategico di infrastrutturazione
–come quello tra Umbria e Marche:
1) far risparmiare 70 km di costi di trasporto
merci per le Acciaierie: occorreva già spingere tempo fa per la rapida riattivazione della
Orte-Civitavecchia. Siamo ancora ad attendere la progettazione Italferr,
mentre RFI sostiene addirittura che l’opera sia inutile: che fa la Regione Umbria ?
2) ridurre a soli 60 km la distanza tra Terni e
Roma tramite una diramazione
stradale della A1 diretta via Passo Corese al fine di estendere gli scambi
di persone e imprese da e con la
Capitale.
Sarebbe
giovato all’Umbria intera: invece non si è voluto far crescere Terni, ma rafforzare
le iniquità, consolidando la centralità di Perugia-Foligno. Inaccettabile.
Siamo
dunque a un bivio: Terni potrà stringere nuove e decisive alleanze restando se
stessa, conservando la sua storia e persino la sua appartenenza. Certo: per cambiare
occorrerà spiriti coraggiosi e visionari. Ma restare immobili, limitandosi a
giochi da mercante in fiera con Foligno e Spoleto, sarà soltanto temerario
Il Comitato promotore per il referendum
Andrea Liberati
Terni,
4 agosto 2012
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